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DIVIETO DI DETENZIONE DI ARMI ANTICHE. CONSIGLIO DI STATO N. 4914/2024
Buone notizie per i collezionisti di armi antiche. Infatti, nonostante la crescente applicazione dell’art. 39 del TULPS per vietare la detenzione di armi, troppo spesso avallata dal giudice amministrativo, il Consiglio di Stato, questa volta, ha accolto il ricorso di un collezionista di armi antiche avverso il decreto prefettizio di divieto di detenzione, stabilendo che, per tale particolare specie di collezione, non è applicabile l’art. 39 del TULPS. Ma, attenzione a non arrivare a conclusioni affrettate, perché, come vedremo, anche questa specie di armi può essere ritirata dall’Autorità, con una procedura diversa da quella dell’art. 39, siccome le armi antiche sono sottoposte ad un regime giuridico parzialmente diverso rispetto a quello delle armi comuni (Cons. St. n. 4914/2024), principio oramai riconosciuto anche dalla giurisprudenza della Cassazione (n. 43391/2022).
In particolare, secondo il Consiglio di Stato, tale differenza, anche per quanto riguarda la revoca della detenzione, si evince dal carattere permanente della licenza (art. 47 Regolamento TULPS); dal divieto di distruzione delle armi antiche, senza consenso di un esperto della Sovrintendenza per i beni artistici e storici (art. 32, L. 110/75); dal particolare procedimento per il rilascio della licenza di collezione (art. 8, DM 14/04/1982), nonché da quello per la revoca di detta licenza, essendo riconosciuta quest’ultima potestà non al Prefetto, ma al Questore (art. 12, DM 1982).
Quindi, per tale particolareggiato quadro normativo, non si può applicare l’art. 39, il quale, prevedendo anche la confisca, potrebbe determinare la compromissione dell’interesse alla conservazione del bene, in ragione del suo intrinseco valore storico artistico, oggetto di specifica tutela da parte del legislatore.
Inoltre, rileva sempre il Consiglio di Stato che, implicitamente, lo stesso art. 39 esclude la revoca della detenzione delle armi antiche in collezione, prevedendo la potestà di intervento del Prefetto di vietare la detenzione delle armi denunciate a termini dell’art. 38 del TULPS, obbligo dal quale sono esentati i possessori di raccolte autorizzate di armi antiche (art. 38, c. 2, lett. b).
Questa interessante decisione ci ha stimolato a rileggere il DM del 1982 sul regolamento delle armi antiche, decreto che, ancor oggi, non può non continuare a suscitare perplessità.
Con l’art. 10 della L. 110/75, il legislatore, con la finalità di ampliare l’esigua normativa sulle armi antiche, delegò il Ministro dell’Interno, di concerto con quello dei beni culturali, a predisporre un apposito regolamento. È da evidenziare che tale delega era generica, senza alcun principio o limite da rispettare, se non le poche previsioni normative già in vigore. Ciò, come suol dirsi, ha invitato la lepre a correre, ritenendosi il Ministero autorizzato a predisporre un decreto che, per l’abbondanza delle disposizioni, detta regole che sembrano finalizzate non tanto alla salvaguardia di tale tipologia di armi per il loro valore storico culturale, ma, per una falsa idea di pericolosità, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Infatti, mentre, come confermato dal Consiglio di Stato, il Prefetto non può applicare l’art. 39 alle collezione di armi antiche, tale potestà è stranamente ed espressamente gli viene riconosciuta solo per la semplice detenzione delle armi antiche (art. 7 DM 1982).
Come abbiamo in precedenza evidenziato, ciò non vuol dire che l’Autorità di p.s. non possa intervenire per disporre il divieto di detenzione anche delle armi antiche in collezione, quando sopraggiungono circostanze che avrebbero imposto il diniego dell’autorizzazione (art. 11 TULPS), ma tale potestà è demandata alla competenza del Questore (art. 12, DM 1982), Autorità incaricata del rilascio della relativa licenza di collezione (art. 31 TULPS).
Non si può non evidenziare anche la particolare, strana procedura relativa all’esecuzione del provvedimento di revoca. Infatti, sarebbe stato logico che, come previsto per la procedura per il rifiuto della licenza di collezione (art. 9, DM 1982), fosse stato incaricato il Questore anche per la relativa procedura di cessione.
Diversamente, tale procedura è demandata alla competenza del Prefetto (art. 12 DM 1982). Il Questore deve informare immediatamente il Prefetto della revoca della licenza di collezione, il quale deve provvedere per la successiva procedura di dismissione; solito esempio di come riuscire a complicare le cose semplici!.....
Non poteva, anche in questo caso, provvedere il Questore, competente alla revoca della collezione, a portare a termine la procedura di dismissione, in analogia a quanto previsto per il rifiuto della licenza di collezione (art. 9 DM 1982)?.......
Quindi, i collezionisti di armi antiche esultino relativamente, nonostante la sentenza del Consiglio di Stato. Perdere la licenza di collezione per mano del Questore, anziché del Prefetto, è una questione di forma, non di sostanza.
Una cosa è certa, anche questo regolamento necessita di una attenta rivisitazione, tenendo conto che i collezionisti di armi antiche salvaguardano, a proprie spese, un patrimonio storico/culturale, troppo spesso abbandonato dallo Stato.
Firenze 16 luglio 2024 ANGELO VICARI
email - Edoardo Mori |
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